Coronavirus: negato il bonus 600 euro ai lavoratori autonomi e liberi professionisti invalidi
LA DENUCIA DELLE ASSOCIAZIONI
"I lavoratori con disabilità, in condizione di maggiore fragilità economica e di salute, non avranno il Bonus 600 euro se non interverrà un chiarimento interpretativo ed applicativo da parte di chi, a livello governativo, ha ideato il cosiddetto reddito di ultima istanza”. Questo è quanto si legge nella lettera aperta firmata da AIL assieme a Fand, Favo, Fish e Uniamo.
I presupposti necessari per accedere al bonus 600 euro per tutti i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti attulamente sono:
• iscrizione esclusiva all’ente di previdenza;
• regolarità del versamento dei contributi previdenziali;
• danno economico (presunto) da diminuzione dell’attività professionale a causa del Covid;
• non essere titolari di “pensione diretta”.
"Il bonus - dichiarano le Associazioni nel documento - è riconosciuto quindi ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti “sani” che hanno subito un danno economico da “Coronavirus” e a quelli invalidi civili che già percepiscono una prestazione assistenziale dall’INPS, mentre sono esclusi quelli “malati e invalidi” che hanno una “pensione/assegno” di invalidità grazie ai contributi versati. Appare quindi evidente che a parità di condizioni lo strumento di tutela è negato in modo discriminatorio ai lavoratori in condizione di maggiore fragilità".
IL REDDITO DI ULTIMA ISTANZA
Il reddito di ultima istanza (decreto legge “Cura Italia” 18/2020 art. 44, decreto 28/3/2020 Catalfo-Gualtieri e decreto legge “Liquidità” 23/2020 art. 34) per i lavoratori autonomi e liberi professionisti è riconosciuto agli iscritti in via esclusiva alla gestione separata INPS o alle Casse professionali. Quel bonus spetta anche se il lavoratore percepisce un assegno di invalidità civile (provvidenza di natura assistenziale erogata dall’INPS) mentre è negato a chi percepisce un assegno ordinario di invalidità - denominato in alcuni casi pensione - provvidenza di natura previdenziale erogata dall’INPS e dalle casse di previdenza professionali ai lavoratori iscritti e che hanno versato un certo numero di contributi per un certo numero di anni.
Per questi lavoratori quell’assegno costituisce una integrazione del reddito professionale ridotto per la diminuita capacità lavorativa ed i costi sostenuti a causa di patologie che rendono meno“redditizie” le proprie attività lavorative. È quindi una prestazione previdenziale ben diversa nelle premesse, nelle finalità e negli importi rispetto alle pensioni dirette di anzianità e vecchiaia, riconosciute a chi cessa la propria attività.
COSA CHIEDONO LE ASSOCIAZIONI
"L'attuale orientamento applicativo - si legge nel testo della lettera aperta - costituisce un inaccettabile danno in palese contraddizione con la volontà del legislatore determinata dallo stato emergenziale causato dal COVID-19 e, infine, si porrebbe in violazione dei nostri principi costituzionali (art. 3 e 38, comma 2 Costituzione). Solo una corretta interpretazione dei combinati disposti delle norme che hanno istituito il reddito di ultima istanza che chiarisca che ad essere esclusi dal bonus sono i lavoratori “titolari di pensione di anzianità o di vecchiaia” potrebbe riportare ad equità questa distorsiva interpretazione normativa che, al momento, lascia senza sostegno ed in totale abbandono i lavoratori invalidi. Richiediamo quindi un tempestivo e dirimente intervento governativo che ponga immediato rimedio a questa palese discriminazione".
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