La ricerca è vita
Era uno dei primi giorni di novembre del 2021. Io ed Emiliano, mio marito, ci siamo trovati di fronte l’inaspettato: una diagnosi di leucemia. Una mieloide cronica per la precisione. Difficile raccontare quei momenti, un misto di paura, fragilità, sofferenza. Ma avevamo un alleato forte dalla nostra parte: la ricerca, che per la cura di questa malattia ha raggiunto risultati incredibili. Il cammino non è stato semplice, gli ostacoli tanti. Ma oggi eccoci qui. E non siamo più in due. Siamo in tre.
Nel 2021 mio marito, Emiliano aveva appena fatto dei controlli, esami di routine consigliati dal medico di base. Aspettavamo i risultati dopo una settimana ma quattro ore dopo il laboratorio ha chiamato il nostro medico consigliando di ripetere le analisi nell’ospedale più vicino, con urgenza. Io ero a lavoro ed Emiliano è partito per Orbetello con sua mamma. C’era però qualcosa che non mi tornava e cercando di informarmi sulle lastre che avevano richiesto, tra un discorso e l’altro, sento Emiliano pronunciare una parola: leucemia.
Ricordo ancora quella notte. Avevo accanto l’amore della mia vita, con cui ho condiviso gli ultimi 11 anni, e lo vedevo come se fosse fatto di cristallo, come se potesse rompersi da un momento all’altro. Nel frattempo, avevamo dato un nome a quello che stava succedendo: leucemia mieloide cronica.
I dottori ci hanno spiegato che fino a 15 anni fa la prognosi per questo tumore non era favorevole ma oggi, grazie ai farmaci, il 95% pazienti ha un’aspettativa di vita pari a quella di una persona sana della stessa età. Senza chemioterapia. Non potevo crederci: siamo entrati accompagnati da una parola che suona per tutti come una sentenza, aspettandoci un percorso faticoso e doloroso, lungo anni, dall’esito incerto. Invece siamo usciti dopo 4 giorni, il tempo di stabilizzare i valori di Emiliano, con una vita davanti e delle pillole in mano.
Ma all’uscita dall’ospedale è iniziato un nuovo viaggio. All’inizio la terapia ha dato diversi effetti collaterali, soprattutto stanchezza e dolore forte alle gambe ed Emiliano, che è una persona molto sportiva e attiva, soffriva delle limitazioni che questi effetti comportavano. Per fortuna col tempo si sono attenuati, è tornato a fare tutto ed ha persino un certificato medico per attività sportiva agonistica. Abbiamo quindi ricominciato a pianificare il futuro, quello che pensavamo di aver perso.
Ci siamo sposati, abbiamo fatto tanti viaggi: Islanda, Albania, Cipro, Grecia. Eravamo affamati di vita, dopo aver avuto paura che lui potesse perderla. Ed è in quel momento che nella mia testa ha iniziato a farsi spazio l’idea di creare una famiglia. Non ci avevamo mai pensato ma dalla diagnosi avevamo imparato tanto: bisogna fare quello che ci fa bene, senza aspettare troppo. Buttarsi e basta.
Io 36 anni, l’ovaio policistico scoperto da poco, lui 46 anni con una patologia bella tosta, sarebbe stato possibile? Abbiamo chiesto ai medici e all’inizio ci è stato sconsigliato di cercare una gravidanza, per via delle cure di Emiliano. Sono scoppiata a piangere, forse non avevo capito quanto fosse importante un figlio per me fino a quando non ho sentito quelle parole. Per fortuna gli specialisti ci hanno lasciato una porta aperta: avrebbero consultato articoli sul tema per capire i rischi della terapia che stava assumendo Emiliano.
Un mese e mezzo dopo squilla il telefono: possiamo tentare. Certo, tutto sembrava remare contro. Era il marzo del 2023. Nel giugno del 2024 nasce Leon. È inspiegabile la sensazione di gratitudine che ho provato: verso la vita, che ti sorprende sempre, verso i medici e verso la ricerca. Perché 15 anni fa Emiliano probabilmente non sarebbe stato qui o non avrebbe mai potuto pensare di avere un bambino. Leon, il piccolo essere meraviglioso che ci riempie ogni ora del giorno e anche della notte, non avrebbe avuto la possibilità di nascere.
Mi sento fortunata. Direi che, alle volte, i miracoli succedono davvero.
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