La storia di José Carreras

    La storia di José Carreras

    Parla il tenore spagnolo che ha vinto la sua personale lotta contro la leucemia.

    José Carreras è senza dubbio uno dei più grandi artisti a livello mondiale riguardante la musica lirica. Il tenore ha eseguito spettacoli indimenticabili e, come li ha definiti il professor Mandelli nel suo libro “Ho sognato un mondo senza cancro”, superlativi. Ha riempito i teatri più prestigiosi regalando emozioni uniche. Ha vinto la battaglia più
    importante, quella della sua vita, sconfiggendo una brutta leucemia. Appena guarito non si è fermato e ha fondato la Fondazione che porta il suo nome, a Barcellona. L’intento è comune a quello dell’AIL, rendere le leucemie un male curabile ed è così che noi di Destinazione Domani lo abbiamo intervistato.

    Lei ha vissuto da vicino il dramma della malattia, in questo caso una leucemia.
    Come le fu diagnosticata?
    È stato nel luglio 1987. Mi trovavo a Parigi per le riprese cinematografiche della ‘Bohème’ di Piccini diretta da Luigi Comencini, quando cominciai a sentirmi male e fui trasportato all’ospedale. Dopo appena 48 ore la dura sentenza: leucemia. Fu una diagnosi terribile ricevuta in un momento in cui, sia professionalmente che personalmente,la mia vita era, per così dire, “all’apice”.

    Ci sono stati momenti di sconforto?
    La leucemia, come molte altre malattie, appare senza preavviso e pertanto è difficile da sopportare. In un primo momento ho sentito una grande confusione, ma presto ho cominciato a vedere la situazione in maniera positiva. D’altronde non c’era altra scelta. Durante tutto il trattamento ho pensato che se avevo una possibilità su un milione avrei dovuto lottare per quella e non ho mai gettato la spugna.

    Poteva continuare a cantare durante le cure?
    Sono stato circa un anno lontano dai palchi  perché assolutamente concentrato sul mio recupero. Quando sono tornato a Barcellona, tale era la mia ansia di tornare a cantare che il professor Rozman ha dovuto dirmi di rilassarmi e di essere paziente.

    Poco a poco mi stavo riprendendo, recuperando non solo la voce, ma anche la forza per tornare ad esibirmi sul palco.

    Quale è stata la cosa che più le ha dato forza per reagire?
    Le persone di tutto il mondo, mi hanno scritto migliaia di lettere piene di parole di conforto. Questo rispetto e questo affetto mi hanno impressionato moltissimo. Questo mi ha dato una grande forza e una voglia enorme di tornare a star bene. Anche il fatto di avere la mia famiglia vicina mi ha aiutato molto.

    Famiglia, amici, medici, colleghi di lavoro:  che ruolo hanno avuto nel suo recupero?
    Indipendentemente dal trattamento medico, credo che sia molto importante cercare di avere un atteggiamento positivo nei confronti della malattia e un ambiente che favorisca questo comportamento. Nel mio caso sono convinto che questa mentalità, insieme al sostegno e all’apporto della mia famiglia, dei miei amici e di una eccellente squadra di medici, sia stata la chiave del mio recupero.

    C’è stato un momento preciso in cui ha capito davvero di essere guarito?
    Non c’è un momento specifico. Passi molto tempo tra l’incertezza e i dubbi fino a quando,  poco a poco, ritorni a vedere la luce. Ad ogni modo, sì, c’è stato un momento molto speciale: il ritorno sul palcoscenico. È stato in un concerto pubblico presso l’Arco di Trionfo a Barcellona. Ho deciso che la prima canzone da cantare doveva essere “T’estimo”, un adattamento catalano di “Io t’amo” di Edvuard Grieg. Volevo che in quel momento ogni persona presente si sentisse personalmente chiamata in causa.

    Che ruolo ha avuto la musica nel processo del suo recupero?
    Ascoltare musica, senza dubbio, è stato di grande aiuto visto che ti permette di allontanarti, anche solo per un momento, dalla realtà. Ciò che preferivo ascoltare in quei momenti era un concerto di pianoforte: il numero 2 in do minore di Rachmaninov.

    Per celebrare la guarigione lei, nel 1988, cantò per la nostra associazione nello splendido scenario della Sala Nervi, in Vaticano. Che ricordo ha di quel momento?
    È stato un momento straordinariamente felice, intimo e pieno di spiritualità, anche perché ciò che interpretammo fu la “Misa Criolla” (Messa Creola) del compositore Ariel Ramirez.

    Sempre nel 1988 ha creato la fondazione che porta il suo nome. Che cos’è e di cosa si occupa esattamente?
    Insieme ad un grande team di scienziati e imprenditori e con il sostegno della mia famiglia, nel 1988, creai la Fondazione Internazionale José Carreras per aiutare a trovare una cura per la leucemia. La verità è che ho iniziato questo progetto in segno di gratitudine pura. Quando mi ammalai la società si prodigò molto per me. Volevo restituire tutti questi segni di affetto sia alla gente che alla scienza in generale. Fin dalla sua nascita la ‘Fundación’ persegue un grande obiettivo. Di fatto è molto più di questo, se non una grande sfida scientifica e sociale: fare in modo che la leucemia sia una malattia curabile in tutti i casi.

    Per affrontare questa sfida la Fondazione offre borse di studio a sostegno della ricerca scientifica, la fornitura di infrastrutture ad ospedali per creare unità di trapianto e banche del sangue del cordone ombelicale e servizi sociali per i pazienti poco abbienti e le loro famiglie.

    Nel 1991, inoltre, ha creato il REDMO (Registro Spagnolo dei Donatori di Midollo Osseo) che è l’ente che promuove la donazione del midollo osseo e del sangue di cordone ombelicale e gestisce la ricerca per i pazienti in attesa di un trapianto.
    REDMO ha accesso a più di 15 milioni di donatori di midollo osseo iscritti in tutto il mondo e più di 450.000 unità di sangue di cordone ombelicale. Quando abbiamo creato la Fondazione, i pazienti spagnoli non potevano ottenere un
    trapianto di midollo osseo se non attraverso un donatore familiare compatibile. Purtroppo questa è una situazione comune in quanto solo 1 paziente su 4 può contare con un donatore tra i suoi familiari. Per questo motivo il REDMO rappresenta un enorme passo in avanti per la nostra causa. Attualmente abbiamo avviato un nuovo progetto che mi fa molto ben sperare: abbiamo creato l’Istituto di Ricerca contro la Leucemia Josep Carreras. Questo centro diventerà il primo istituto in Spagna e uno dei pochi al mondo incentrato esclusivamente nella ricerca sulla leucemia e altre neoplasie ematologiche».

    Come si finanzia la Fondazione e come riesce ad aiutare economicamente la ricerca scientifica?
    Una grande percentuale dei nostri ricavi proviene da individui singoli e dalle aziende che ci sostengono con donazioni regolari. Gli siamo molto grati perché la loro fedeltà ci permette di realizzare progetti a lungo termine. Per quanto mi riguarda, offro anche vari concerti di beneficenza in tutto il mondo durante tutto l’anno e tutti i ricavi vengono
    donati alla Fondazione José Carreras. Per esempio, uno degli ultimi che ho dato è stato in Italia, nel Teatro della Corte di Genova, nel febbraio di quest’anno. Il 100% dei fondi raccolti dal concerto l’ho donato alla lotta contro la leucemia e una parte di questo totale è stata data all’Istituto Giannina Gaslini di Genova, per ulteriori ricerche sul trapianto di midollo osseo nei pazienti pediatrici.

    Il 21 giugno, in Italia, è la Giornata Nazionale contro la leucemia. Può lasciare un messaggio di speranza per i lettori del nostro giornale?
    Prima di tutto voglio mandare un messaggio a tutte le persone che attualmente vivono questa diagnosi difficile. Li incoraggio a non arrendersi, a fidarsi del proprio medico e cercare di essere positivi. Per quanto tutto sembri  negativo, c’è sempre una possibilità.

    Se una persona vuole conoscere meglio la Fundación Josep Carreras che cosa deve fare, dove si può rivolgere?
    Se qualcuno, grazie a questa intervista o per vivere da vicino un caso di leucemia, si rende conto del bisogno che c’è di sostenere i pazienti ematologici, e vuole rivolgersi a noi, lo può fare attraverso la pagina web: www.fcarreras.org.

    Lorenzo Paladini
    Testo tratto da Destinazione Domani anno 6 numero 2 – giugno 2011

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