La storia di Gaetano Foggetti
Un’esperienza, quello che ho vissuto contro la leucemia, punteggiata da molta fortuna e persone importanti, impossibili da dimenticare. Nel novembre 1991, al momento della periodica donazione di sangue per l’Avis – pratica che consiglio a tutti per il suo valore civico e per la possibilità di controllare continuamente le proprie condizioni fisiche - i medici si accorgono che la mia emoglobina è “sotto terra”.
Immediato consulto, prima visita all’Istituto di Ematologia “Seràgnoli” del Policlinico Sant’Orsola di Bologna che conferma la diagnosi di leucemia mieloide acuta, e, ai primi di gennaio del ’92, il ricovero nelle stanze del terzo piano dell’Istituto.
Tre mesi serviti per altrettanti cicli di chemioterapia, per conoscere il professor Sante Tura e la sua splendida équipe e una serie di “compagni di viaggio” rimasti per sempre nel mio cuore. Nessuna compatibilità con i miei fratelli, strada obbligata quella dell’autotrapianto, al quale sono sottoposto nel settembre dello stesso anno. Dimesso a metà ottobre, sono ormai passati 13 anni. Qualcuno direbbe “in più” rispetto al momento di una diagnosi che solo poco tempo prima sarebbe stata sicuramente infausta; io dico semplicemente che si tratta di un “secondo giro”, più consapevole, centellinato e vissuto, rispetto a quello che mi ha portato, a 26 anni, a prendermi un anno forzato di riflessione. Nessuna retorica, per carità, ma la semplice consapevolezza che la fortuna o, per meglio dire, una mano invisibile, hanno scelto di farmi vivere ancora molte cose, belle e brutte: la passione giornalistica come professionista, il rapporto con tanti autentici amici e le delusioni che, credo, costellino la vita di ciascuno di noi in vari campi. I ringraziamenti li ho già spesi tutti, e lo faccio tuttora, per coloro che mi hanno curato e per quanti mi sono stati vicini. Da quell’esperienza, grazie alla spinta di un energico imprenditore forlivese anche lui reduce dalla malattia, è nata nel 1995 l’avventura della sezione di Forlì-Cesena dell’Ail, nella quale ricopro da qualche anno l’incarico di presidente. La cosa più entusiasmante è la forza che l’obiettivo comune dà al nostro gruppo eterogeneo: dare un contributo a far sì che la lotta alle malattie del sangue sia un po’ più facile e permetta di dare ulteriori possibilità di guarigione a quanti si ammalano. Non posso dare nessun consiglio a quanti stanno passando ciò che ho già vissuto, troppo intimo e personale è il rapporto con la malattia; penso solo che non ho mai trovato, tra tutti coloro che ho conosciuto allora e in questi anni, un paziente che si è arreso, anzi. Dopo lo choc iniziale, l’impegno e la voglia di debellare il male per tornare a vivere sono sempre quelli che prevalgono. Ed è questa l’unica certezza sulla quale invito tutti gli amici dell’Ail a riflettere.
Gaetano Foggetti
Storie di combattenti