Miss Ironia e il Linfoma di Hodgkin
L’ironia è sempre stata per me un’arma potente, un’àncora di salvezza, l’ingrediente indispensabile della vita. Perché se sai ridere nel buio, puoi farti luce sempre. Ironizzare su una malattia non significa sminuirla ma capire che quando c’è qualcosa che non possiamo controllare con le nostre azioni, non ha senso disperarsi. La cosa migliore che possiamo fare è sorridere. Il sorriso che sgorga dal pianto è potente ed è capace di grandi cose.
Sin da piccina per la mia famiglia sono sempre stata “Miss Fossette” per via delle cavità che appaiono sulle guance con il sorriso. Questi piccoli solchi, chiamati anche “i baci degli angeli”, non sono altro che un difetto anatomico muscolare della guancia. Per nascondere questo difetto è sufficiente non sorridere mai. Ma quel “difetto” era il tratto distintivo del mio viso, e poi se la genetica mi aveva fatto dono di queste depressioni sulle guance un motivo c’era e vivere come Mercoledì Addams era abbastanza complicato con un nonno che era un comico mancato e che si divertiva continuamente a burlarsi di tutti.
Non so se l’ironia sia stata più un dono o la più grande virtù che la mia famiglia mi abbia mai insegnato, ma mi ha fatto luce nel buio. Un buio pesto piombato nella mia vita all’improvviso, in una fredda mattina d’inverno: un linfoma di Hodgkin. Quando scopri di avere un tumore hai la sensazione di staccarti dal corpo, è come se qualcosa che pensi non possa mai toccarti è invece lì seduto davanti a te che ti fissa. E ti senti persa, confusa, piangi poi ti senti forte, ti senti invincibile e poi crolli in un pianto disperato. Mi ci è voluta una settimana circa per realizzare che avevo un tumore del sistema linfatico. Anche se i dottori mi hanno subito tranquillizzato sul fatto che fosse curabile, ero comunque tanto spaventata. Ma dopo quella settimana realizzai che non avevo molto altro tempo per disperarmi. Dovevo agire. Reagire. Come lessi su una maglietta sotto l’immagine di Wonder Woman “aveva bisogno di un eroe, così è quello che è diventata”.
Ho indossato la fascia di Miss Fossette, ho preso per mano Miss Ironia e ho aperto il sipario sullo spettacolo di improvvisazione teatrale chiamato Vita. Mi sono munita di un taccuino che portavo con me ovunque, in fila per le analisi del sangue, in sala di attesa per la TAC o per la PET, prima di entrare in sala operatoria per la biopsia, e su cui annotavo tutti gli episodi buffi e divertenti che mi capitavano. Era un modo per esorcizzare il linfoma e per rendere il mio viaggio ricco e più leggero. Ad accompagnarmi in questo viaggio c'era Jack, il mio Port sottocutaneo, chiamato così come il jack della mia chitarra acustica amplificata Ibanez, perché avrebbe amplificato sicuramente nausea e sbalzi d'umore causati dai farmaci chemioterapici.
Così ogni due settimane avevo il soundcheck collegando Jack all'ago Huber per la somministrazione dei farmaci. Jack è stato trafitto ben dodici volte per salvarmi la vita ed evitare l’affondo in stile Titanic, ed io mi sentivo un po' Rose: sospesa nelle acque gelide dell’oceano aggrappata ad una porta di legno. Al termine della chemioterapia, dopo la mia remissione completa, ho raccolto tutti gli appunti annotati sul mio taccuino e ho voluto dare vita ad un racconto in chiave ironica che potesse regalare un sorriso e un po' di leggerezza a chi ogni giorno lotta contro un linfoma, o un tumore del sangue, senza tralasciare le sfumature cariche di paura, dolore e senso di sconfitta che a volte prendono il sopravvento.
Ricordatevi una cosa mentre siete seduti sulle vostre poltroncine di velluto rosso a godervi lo spettacolo: solo le persone che hanno sofferto molto sono altrettanto capaci di ridere fino alle lacrime.
Pina
Storie di combattenti