Il trapianto Allogenico: Possibili effetti avversi
Il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (CSE) consiste nella reinfusione di CSE di un donatore (il soggetto sano) in un ricevente (il soggetto malato) dopo che il ricevente è stato “condizionato”, cioè preparato con la somministrazione di chemioterapia e/o radioterapia e denominata di “terapia di condizionamento”.
Indice dei contenuti
Malattia da trapianto contro l’ospite
La GVHD, o malattia da trapianto contro l’ospite, è la complicanza specifica che si osserva nei pazienti sottoposti a trapianto allogenico di CSE ed è espressione di una complessa reazione immunologica delle cellule immunocompetenti del donatore nei confronti dei tessuti e organi del ricevente. Si distinguono la GVHD acuta, che insorge entro i primi 100 giorni dal trapianto, e la GVHD cronica, che può manifestarsi più tardivamente.
GVHD acuta
Le manifestazioni cliniche della GVHD acuta sono caratterizzate principalmente dall’interessamento della cute, dell’intestino e del fegato. Il coinvolgimento della cute si manifesta come tipico eritema morbilliforme maculo-papuloso, che dalla tipica localizzazione al palmo delle mani e alla pianta dei piedi, si può estendere al volto, al tronco, alle radici e, successivamente, alla superficie degli arti. La GVHD intestinale è caratterizzata dalla presenza di diarrea, malassorbimento e perdita imponente di proteine. Al fine di ridurre il rischio di GVHD acuta, vengono somministrati potenti immunosoppressori quali ciclosporina e metotrexato, prima, durante e dopo il trapianto. Altri farmaci usati sono il tacrolimus, il micofenolato, gli anticorpi policlonali diretti contro i linfociti T (anti-thymocyte globulin, ATG) e gli anticorpi monoclonali (anti-CD25, basiliximab; anti-CD52, alemtuzumab). Un’altra tecnica usata per ridurre il rischio di GVHD nel trapianto aploidentico è la deplezione T-cellulare, effettuata con tecniche di manipolazione ex-vivo, che espone tuttavia a una maggior rischio di infezioni e a una minore efficacia della GVL. Nell’ultimo decennio si è sempre più diffusa nel trapianto aploidentico una modalità differente di immunosoppressione, che consiste nell’uso di alte dosi di ciclofosfamide 3-4 giorni dopo la reinfusione di CSE.Una volta innescata, la GVHD deve essere tempestivamente trattata con steroidi a elevato dosaggio o, nel caso di mancata risposta, con trattamenti di seconda linea quali gli anti-TNFalfa infliximab o etanercept, la fotoaferesi extracorporea, o altri immunosoppressori come l’inibitore di JAK1/2 ruxolitinib. È anche stata studiata la somministrazione di cellule mesenchimali.
GVHD cronica
La GVHD cronica, che insorge dopo i 100 giorni dal trapianto, è una complessa sindrome a patogenesi immunologica, che si osserva con un’incidenza estremamente variabile dal 5 al 70% dei pazienti sottoposti a trapianto allogenico a seconda di numerosi fattori concomitanti, molti dei quali condivisi con quelli correlati alla GVHD acuta, la cui insorgenza è di per sé fattore favorente la GVHD cronica. È ormai ampiamente riconosciuta l’aumentata incidenza di GVHD cronica per l’impiego di CSE prelevate dal sangue periferico. Le manifestazioni della GVHD cronica possono aversi a carico di molti organi e tessuti: la cute e gli annessi cutanei, la mucosa del cavo orale e genitale, la congiuntiva, il tratto gastroenterico, i polmoni. I tessuti sono sovvertiti con un’impronta fibrotica o atrofica, che ricorda altre malattie infiammatorie croniche. Il trattamento della GVHD cronica è basato sulla somministrazione di steroidi, in associazione o meno alla ciclosporina. Il trattamento di seconda linea della GVHD cronica resistente agli steroidi prevede molte opzioni di seconda linea come la fotoforesi extracorporea, l’anticorpo monoclonale anti-CD20-positive (rituximab), il micofenolato, gli inibitori della tirosin-kinasi (imatinib), l’inibitore di JAK1/2 ruxolitinib
Complicanze del trapianto allogenico
Il trapianto allogenico può essere associato a diverse complicanze secondarie alla stessa procedura, la cui insorgenza dipende da fattori riferibili sia a caratteristiche del paziente (età, diagnosi, stato della malattia al momento del trapianto, presenza di comorbilità), sia a caratteristiche della combinazione donatore/ricevente (es. tipo di compatibilità), sia a caratteristiche specifiche della procedura trapiantologica (es. intensità del regime di condizionamento pretrapianto, fonte di CSE impiegate, eventuale manipolazione cellulare in vitro prima dell’infusione). Le complicanze legate al trapianto allogenico possono purtroppo a volte fatali e possono indurre quella che viene comunemente definita con il termine tecnico transplant-related mortality (TRM) o mortalità trapianto correlata, non determinata quindi dalla eventuale recidiva della malattia.
Qui di seguito riportiamo un breve cenno alle principali possibili complicanze del trapianto allogenico (escludendo la GVHD, discussa sopra).
LE INFEZIONI BATTERICHE, FUNGINE E VIRALI
Le complicanze infettive sono una delle principali cause di morbilità e mortalità nel paziente trapiantato. In rapporto ai tempi del post-trapianto indicando 0 il giorno dell’infusione, la complicanza infettiva può insorgere in fase precoce o pre-attecchimento (dal giorno 0 a +30), in fase intermedia post-attecchimento (dal giorno +30 a +100) e in fase tardiva (>100 giorni).Fattori di rischio delle infezioni della fase precoce o pre-attecchimento sono la neutropenia, la linfopenia, la compromissione delle barriere anatomiche e la ridotta funzionalità dei linfociti B e T.Fattori di rischio delle infezioni della fase intermedia o post-attecchimento sono la persistente immunodepressione, l’insorgenza della GVHD acuta e la terapia immunosoppressiva per il suo controllo.Fattori di rischio delle infezioni della fase tardiva sono la lenta e prolungata ricostituzione immunologica e, in particolare, la presenza di GVHD cronica con le relative eventuali terapie per essa utilizzate.
Infezioni della fase precoce (dal giorno 0 a +30)
Batteri
Le infezioni batteriche sono la principale causa del primo episodio febbrile che compare nella fase di neutropenia post-trapianto e sono rappresentate nella maggior parte dei casi da sepsi dovute a batteri, sia Gram-positivi (stafilococchi, streptococchi) che Gram-negativi (Escherichia coli, Pseudomonas aeruginosa, Klebsiella spp).
Funghi
Le infezioni fungine invasive (IFI) hanno un picco di incidenza bimodale: nella fase precoce e in seguito nella fase tardiva. Sono rappresentate da polmoniti e sinusiti da funghi filamentosi come l’Aspergillus o lieviti come la Candida, che con maggiore frequenza vengono isolato. Tali infezioni insorgono o per riattivazione di funghi di cui il paziente è portatore o per inalazione di spore fungine presenti nell’ambiente, da cui l’indicazione ad assistere il paziente trapiantato in stanza protetta con flusso d’aria ad alta filtrazione microbica. Le IFI presentano un’incidenza variabile dal 8% al 15% secondo le diverse casistiche e possono essere molto severe.
Virus
Le infezioni virali della fase precoce sono piuttosto rare e sono principalmente rappresentate da orofaringite, epatite, encefalite, mielosoppressione e cistite, variamente indotte da herpes simplex virus, herpes virus 6 (HHV6) e BK virus.
Agenti patogeni e infezioni della fase intermedia (dal giorno +30 a +100)
Citomegalovirus
Nelle condizioni di profonda immunodepressione, quale si realizza nel post-trapianto, il citomegalovirus può riattivarsi. Tale rischio di riattivazione è significativamente più elevato nei pazienti sierologicamente CMV positivi trapiantati da donatori citomegalovirus-negativi. Recentemente è stato approvato in profilassi per i pazienti a più alto rischio di riattivazione del citomegalovirus il farmaco antivirale letermovir.
Funghi
Le infezioni fungine sono anche in questa fase rappresentate in maggior parte da polmoniti e sinusiti, in genere da Aspergillus o Candida.
Agenti patogeni e infezioni della fase tardiva (>100 giorni)
Le infezioni in questa fase sono correlate allo stato di grave immunodepressione associato all’insorgenza di una GVHD cronica estensiva e alla terapia immunosoppressiva a essa correlata. In questa fase si possono verificare sia infezioni batteriche (germi capsulati come Streptococcus pneumoniae e Haemophilus influenzae, Nocardia, Legionella, Listeria), che fungine (Criptococcus, Pneumocystis jiroveci, Toxoplasma gondii), che virali (varicella-zoster virus).
LA MALATTIA VENOCCLUSIVA (VOD)
È una complicanza a insorgenza precoce che compare entro i primi 20-30 giorni post-trapianto e viene favorita da cicli di condizionamento con alcuni farmaci come busulfano e ciclofosfamide, da epatopatie pregresse, o da alcune terapie utilizzate in precedenza al trapianto. L’incidenza è molto diversa a seconda dei fattori di rischio presenti e varia dal 3 al 54%.
Il quadro clinico è caratterizzato da ittero (cioè colorazione giallastra della cute) con elevati valori di bilirubina diretta, dolore addominale, aumento di peso dovuto a versamento ascitico nell’addome e ritenzione idrica. È fondamentale che la diagnosi, fondata essenzialmente sui segni clinici e supportata da indagini strumentali quali l’ecodoppler del circolo epatoportale, sia posta precocemente per iniziare il trattamento che prevede l’utilizzo di un farmaco specifico, il defibrotide, accanto a terapia di supporto attenta. In profilassi, per ridurre il rischio di VOD, viene utilizzato l’acido ursodesossicolico.
MICROANGIOPATIA TROMBOTICA
È una temibile ma abbastanza rara complicanza del trapianto allogenico. L’insorgenza è caratterizzata da un danno endoteliale diffuso che provoca la formazione di trombi a livello dei piccoli vasi con fenomeni ischemici principalmente a carico del rene e del sistema nervoso centrale, simile alla porpora trombotica trombocitopenia classica o sindrome di Moschowitz.
Il quadro clinico consiste in anemia emolitica su base meccanica con aumento degli schistociti (globuli rossi rotti) circolanti, ittero, piastrinopenia, danno renale e sintomi neurologici.
La diagnosi precoce è importante per poter iniziare rapidamente un trattamento, prima che lo stabilirsi di un danno d’organo renda la prognosi più sfavorevole. La terapia si basa sulla sospensione della terapia con eventuali inibitori della calcineurina come la ciclosporina (possibili agenti causali) e infusione di plasma, mentre controverso è l’uso del plasma exchange.
CISTITE EMORRAGICA
Deve essere considerata una complicanza maggiore del post-trapianto e può essere determinata da due possibili effetti causali:
effetto tossico dei farmaci impiegati nel ciclo di condizionamento sulle cellule della vescica;
infezioni provocate da virus che interessano il tratto urinario.
La cistite emorragica da farmaci appare precocemente dopo trapianto e il farmaco maggiormente implicato nella patogenesi è la ciclofosfamide.
La forma associata a infezioni virali compare più tardivamente, in genere dopo il giorno +30 dal trapianto e appare dovuta a virus come il BK poliomavirus e l’adenovirus.
La profilassi della cistite emorragica è basata su iperidratazione, e somministrazione di mesna durante il regime di condizionamento che includa la somministrazione di ciclofosfamide ad alte dosi. Il trattamento comprende la terapia di supporto basata sulle trasfusioni di emazie concentrate e piastrine, iperidratazione e irrigazione vescicale e, nelle forme a eziologia virale, può essere a volte considerato l’impiego di antivirali. Del tutto recentemente sono stati ottenuti risultati particolarmente promettenti con l’applicazione diretta di colla di fibrina in cistoscopia sulla mucosa endovescicale emorragica, specie nelle forme non rispondenti ai trattamenti convenzionali.
Altre possibili complicanze tardive del trapianto allogenico sono: alterazioni delle ghiandole endocrine, malattie linfoproliferative correlate al virus Epstein-Barr e seconde neoplasie.
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