Trapianto Allogenico di cellule staminali ematopoietiche (CSE): Indicazioni al trapianto
Il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (CSE) consiste nella reinfusione di CSE di un donatore (il soggetto sano) in un ricevente (il soggetto malato) dopo che il ricevente è stato “condizionato”, cioè preparato con la somministrazione di chemioterapia e/o radioterapia e denominata di “terapia di condizionamento”.
Indice dei contenuti
Generale
I primi tentativi di trapianto di CSE sono stati effettuati tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, subito dopo la scoperta del sistema maggiore di istocompatibilità (Major Histocompatibility Complex – Human Leukocyte Antigen, MHC-HLA) e il primo trapianto, effettuato con successo secondo i criteri di compatibilità tessutale donatore/ricevente, è stato realizzato nel 1968. Solo nel 1975 sono stati pubblicati dal gruppo americano di Seattle i risultati ottenuti nei primi 110 pazienti trapiantati con CSE da sangue midollare, fornendo le basi per l’applicazione clinica del trapianto di CSE su larga scala. Tale procedura è oggi largamente impiegata nel trattamento di molte patologie ematologiche, sia neoplastiche sia non neoplastiche, e rappresenta una valida opzione terapeutica anche per alcune patologie dismetaboliche congenite e gravi deficit immunitari.
Contrariamente a quanto accade per il trapianto autologo di CSE, il razionale del trapianto allogenico nelle patologie neoplastiche non si basa solo sulla capacità della chemioterapia e/o radioterapia di condizionamento di eradicare la malattia, ma anche sull’effetto immunologico del trapianto stesso. Le nuove cellule del donatore, e in particolare linfociti T, hanno la capacità di eliminare, con un meccanismo noto come graft versus leukemia (GVL), le cellule neoplastiche della malattia eventualmente ancora presenti nel ricevente nonostante la terapia di condizionamento.
Nelle patologie non neoplastiche in cui le cellule del midollo non lavorano in modo corretto, lo scopo del trapianto è proprio quello di sostituire il midollo non funzionante con uno nuovo.
Indicazioni del trapianto allogenico di CSE
Leucemia mieloide acuta
Il trapianto allogenico rappresenta la terapia di scelta per le categorie di pazienti con leucemia mieloide acuta in prima remissione a rischio sfavorevole. Viene anche considerata nei pazienti a rischio intermedio, specie se con malattia minima residua positiva.
Leucemia linfoide acuta
La presenza di fattori prognostici sfavorevoli, quali un numero di globuli bianchi molto elevato e il cariotipo complesso, permette di identificare i pazienti ad alto rischio, per i quali viene di solito indicato il trapianto allogenico dopo aver ottenuto la remissione completa e aver effettuato alcuni cicli di consolidamento. Lo studio della malattia minima residua post-consolidamento fornisce ulteriore, importante indicazione per discriminare i pazienti che possono beneficiarsi della sola chemioterapia (quelli negativi) da coloro per i quali il trapianto allogenico costituisce terapia elettiva (quelli con malattia minima residua positiva).
Sindromi mielodisplastiche
Il trapianto allogenico è indicato soprattutto per i pazienti che appartengono ai gruppi intermedio- alto rischio calcolato attraverso l’IPSS-R, un sistema che considera il numero di blasti, la citogenetica e la gravità delle citopenie. Negli ultimi anni si è registrato un incremento del trapianto allogenico nelle sindromi mielodisplastiche, dovuto sia all’aumento delle procedure nei pazienti con età superiore ai 50 anni, sia all’estensione sempre maggiore del trapianto da donatore non correlato.
Leucemia mieloide cronica
L’introduzione degli inibitori della tirosin-kinasi ha nettamente migliorato la prognosi dei pazienti affetti da leucemia mieloide cronica e drasticamente ridotto l’indicazione al trapianto allogenico, riservato ai soli pazienti non rispondenti agli inibitori tirosin-kinasici, recidivanti o in progressione di malattia.
Mielofibrosi Idiopatica
Il trapianto allogenico rappresenta attualmente l’unico trattamento curativo per la mielofibrosi, ma l’eterogeneità in termini di manifestazioni cliniche, gravità dei sintomi e prognosi richiedono un’attenta selezione. Di solito sono candidati al trapianto i pazienti con malattia a rischio intermedio-alto.
Leucemia linfatica cronica
Il trapianto allogenico rappresenta una valida alternativa per i pazienti affetti da leucemia linfatica cronica con caratteristiche a cattiva prognosi. In tale patologia l’effetto GVL esercitato dai linfociti citotossici del donatore sembra essere particolarmente evidente. Data l’età in genere avanzata dei pazienti, risulta frequente l’impiego di condizionamenti a intensità ridotta. L’avvento di nuovi farmaci molto efficaci e con tossicità ridotte ha risotto molto l’uso del trapianto in tale patologia.
Linfomi non Hodgkin e linfomi di Hodgkin
Il trapianto autologo rappresenta il trattamento di scelta per la cura di pazienti con patologie linfomatose di particolare aggressività. L’alternativa del trapianto allogenico, al momento, è limitata ai casi di malattie recidivanti dopo autotrapianto o ad alto rischio di recidivare. L’avvento delle cellule CAR-T porterà probabilmente a una riduzione del ruolo del trapianto allogenico in alcuni tipi di linfoma.
Mieloma multiplo
L’introduzione di nuovi farmaci per la terapia dei pazienti con mieloma e l’impiego del trapianto autologo costituiscono oggi lo standard di trattamento in tale patologia. Il trapianto allogenico, visto il rilevante rischio di mortalità a esso correlato, le numerose alternative terapeutiche incluse le cellule CAR-T e il rischio di recidiva post-trapianto comunque elevato, è oggi molto limitato.
Aplasia midollare grave
Il trapianto allogenico da donatore familiare HLA identico rappresenta la prima scelta per pazienti giovani con età inferiore ai 40 anni. Nei pazienti che non dispongono di un donatore familiare HLA identico e non rispondenti alla terapia immunosoppressiva, è indicato il trapianto da donatore internazionale non correlato.
Emopatie congenite
Il razionale del trapianto allogenico nelle emopatie congenite consiste nella sostituzione della cellula staminale ematopoietica patologica con cellule sane da donatore. Ciò vale tanto nelle patologie con eritropoiesi inefficace, come la talassemia, quanto nelle patologie con produzione di emoglobina “difettosa”, come la drepanocitosi. Il trapianto allogenico viene considerato nei casi più severi di tali patologie.
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Il trapianto Allogenico: Compatibilità e donatori
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Il trapianto Allogenico: Le fasi del trapianto
Il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (CSE) consiste nella reinfusione di CSE di un donatore (il soggetto sano) in un ricevente (il soggetto malato) dopo che il ricevente è stato “condizionato”, cioè preparato con la somministrazione di chemioterapia e/o radioterapia e denominata di “terapia di condizionamento”.
Il trapianto Allogenico: Possibili effetti avversi
Il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (CSE) consiste nella reinfusione di CSE di un donatore (il soggetto sano) in un ricevente (il soggetto malato) dopo che il ricevente è stato “condizionato”, cioè preparato con la somministrazione di chemioterapia e/o radioterapia e denominata di “terapia di condizionamento”.
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